La Carrozzeria Touring Superleggera

La Carrozzeria Touring è nata all’inizio del 1926 quando due avvocati, Felice Bianchi Anderloni e Gaetano Ponzoni, amici di vecchia data, rilevarono la maggioranza azionaria della Carrozzeria Falco di Vittorio Ascari, fratello del grande campione dell’Alfa Romeo. Bianchi Anderloni e Ponzoni rivelarono subito l’intento di dare alla loro creatura un’impronta nuova nella vestizione dei telai che le fabbriche di automobili consegnavano nudi ai loro clienti: questi, per farli divenire vere automobili, sceglievano il loro Carrozziere di fiducia.

I due avvocati quindi, che avevano gettato alle ortiche le loro toghe ancor prima di indossarle, facevano nascere a Milano, in via Ludovico da Breme 65, una carrozzeria non legata, come avveniva in genere a quell’epoca, a tradizioni artigianali o addirittura a evoluzioni di fabbricanti di carrozze a cavalli, ma libera di dare sfogo alle proprie idee interpretative dello stile e dei metodi costruttivi. Bianchi Anderloni, cognato di Cesare Isotta e di Vincenzo Fraschini, con i quali aveva maturato le sue conoscenze automobilistiche, apportò alla nuova società l’esperienza della tecnica più raffinata; Gaetano Ponzoni, che aveva lasciato la carriera bancaria appena iniziata, le sue capacità amministrative e la sua competenza di studioso dei nuovi problemi dell’automobile. La Carrozzeria Touring iniziò la propria attività in uno stabilimento nella immediata periferia a Nord di Milano, ad un tiro di schioppo dal Portello dove operava l’Alfa Romeo, quasi a contatto con la Citröen Italiana e vicino a via Monterosa, dov’era lo stabilimento della Isotta Fraschini. Infatti, proprio su Isotta Fraschini ed Alfa Romeo furono costruite le prime prestigiose carrozzerie Touring e su Citröen le vetture da caccia e pesca per la Regina Margherita.

La nuova impronta che la Carrozzeria Touring voleva dare alle sue creature non poteva evidentemente limitarsi alla pura forma, ma doveva rivolgersi anche e con la massima cura al lato tecnico del progetto. Nacque presto l’orientamento verso quella specializzazione così ben sintetizzata dal motto che seguì poi sempre il marchio: ” il peso è il nemico, la resistenza dell’aria è l’ostacolo”. La realizzazione di grande economia sui pesi si concretizzò in due tempi: il primo passo fu l’acquisizione della licenza di costruzione Weymann, il secondo e definitivo quello “Superleggera”. Il sistema Weymann consentiva di sostituire le lamiere in ferro, che venivano chiodate alla rigida e pesante ossatura in legno (eredità delle carrozze a cavalli), con pannelli molto più leggeri, in pegamoide, fissati alla scocca, anch’essa alleggerita nella sua struttura perché sollevata dal compito di sostenere le lamiere. Il punto debole di questa costruzione era però costituito dalla qualità non sufficientemente affidabile della pegamoide, che tendeva, col tempo, a rinsecchirsi e screpolarsi. Questo inconveniente, anziché preoccupare i responsabili della Touring, li stimolò a studiare ed a realizzare, intorno al 1935-36, un loro metodo di costruzione, il Superleggera.

Nello studio di questo sistema strutturale la Touring impegnò tutta l’esperienza acquisita eseguendo lavorazioni di parti di aeroplani nel proprio reparto aeronautico. Così non fu difficile adottare gli stessi concetti e le più recenti tecnologie anche alle carrozzerie, introducendo l’uso di nuovi materiali e nuove tecniche. La prima comparsa di una Touring, costruita col sistema Superleggera, fu alla 1000 Miglia del 1937, su un’Alfa Romeo 6C 2300B che, pilotata da Giambattista Guidotti, si classificò prima della categoria Turismo Nazionale e quarta assoluta. La caratteristica dell’invenzione consisteva nel sostituire la struttura in legno della scocca con un traliccio di sottili tubi di acciaio al Cromo-Molibdeno e di ricoprirlo con pannelli in alluminio o altre leghe sempre più leggere e resistenti.

Fu una vera rivoluzione, un capovolgimento della tradizione. Prima la scocca era unita elasticamente al telaio mediante tasselli in gomma, detti Silent-blocks, ora con la Superleggera era la scocca a formare un tutt’ uno con il telaio, mentre la pelle d’alluminio era poco più che appoggiata. Naturalmente anche gli altri componenti della carrozzeria furono contemporaneamente oggetto di studio di alleggerimento, come l’adozione di plexiglas in luogo dei cristalli laterali, di sedili a struttura tubolare e di accessori sempre miranti alla leggerezza. Battuto brillantemente il nemico peso non si poteva dimenticare la seconda parte del motto: la resistenza dell’aria è l’ostacolo. Il contatto frequente con l’ambiente aeronautico non poteva che favorire l’acquisizione di conoscenze di aerodinamica e creare una mentalità mirata al miglioramento della penetrazione nell’aria. Ogni nuovo modello veniva realizzato in scala 1/10 o 1/5 e provato nella galleria del vento alla Breda o al Politecnico di Milano o negli impianti delle fabbriche committenti.

Non va poi dimenticato, cosa nota a pochi, il tunnel, anche se non troppo sofisticato, che la Touring, prima fra tutte le carrozzerie, aveva impiantato all’interno del proprio stabilimento e che purtroppo fu distrutto nell’ultima guerra. Le caratteristiche della leggerezza e della”profilatura al vento” hanno accompagnato la produzione della Touring Superleggera per tutti i suoi quarant’anni di vita, durante i quali tutti i telai più importanti, lussuosi o sportivi, da quelli imponenti delle Isotta Fraschini e delle Lancia Dialmbda ed Astura a quelli snelli e guizzanti delle Alfa Romeo, delle Bristol o delle Ferrari, furono sempre vestiti interpretandone le caratteristiche e rispettandone i valori, senza mai snaturarne le peculiarità con abiti inadatti. Nel lungo elenco dei progetti della Touring non si può comunque fare una distinzione fra vetture sportive e vetture di lusso, perché quelle sportive non mancavano mai di un tocco di classe ed in quelle di lusso era sempre presente un tocco di sportività. Caso classico nella storia della Touring è la berlinetta Ferrari tipo Le Mans, con la quale Giannino Marzotto vinse la 1000 Miglia del 1950 vestendo un doppiopetto ed arrivando freschissimo a Brescia.

La Touring, che carrozzò vetture di tutte le marche italiane, da quelle più note a quelle ormai dimenticate, non trascurò le prestigiose case straniere come Bugatti, Mercedes, Talbot, Bristol, Pegaso, Hudson, Frazer-Nash, Aston Martin, Lagonda. Ma non paga di eseguire le carrozzerie per case estere seppe far sì che, unica fra tutte le carrozzerie, queste non si limitassero a far eseguire il lavoro a Milano, ma ne acquistassero il brevetto ed il know-how, o la licenza di costruzione Superleggera, per produrre nei loro stabilimenti le carrozzerie col marchio Touring Superleggera.

La prima ad assicurarsi questo vantaggio fu l’inglese Bristol, che nel 1947 si rivolse alla Touring per farsi disegnare e costruire le carrozzerie e ne richiese poi la licenza di costruzione per evitare le enormi spese di trasporto fra Inghilterra ed Italia. Un analogo accordo fu siglato, qualche anno dopo, con l’Aston Martin e la Lagonda di David Brown, che si avvantaggiarono dell’ottima esperienza della Bristol. Ancora più innovativo fu il contratto con la Americana Hudson di Detroit che, sempre per ridurre i costi del trasporto, inviò in Italia tutte le parti meccaniche, in un’infinità di sottogruppi, da montare. I tecnici della Touring dovettero organizzare non solo la produzione delle carrozzerie ma anche l’assemblaggio dei telai e della meccanica, le prove, i collaudi e la spedizione in America delle automobili finite. Dovevano passare molti anni prima che la cosa si ripetesse con la Cadillac Allantè di Pininfarina. Con il gruppo inglese Rootes si organizzò qualcosa di ancor più innovativo, che non solo richiese l’apprendimento di tecniche nuove e l’installazione di macchinari specifici, ma addirittura dette una spinta ad accelerare la realizzazione, per altro già in corso, del nuovo stabilimento della Touring a Nova Milanese. Si trattava di assemblare due modelli di serie, la Super Minx della Hillman e l’Alpine della Sunbeam, usando le parti originali, a volte modificate, e completandone altre, come sedili, tappeti, pannelli. accessori e parti elettriche, fino al collaudo su strada ed alla consegna alla Rootes Italia.

Lo scopo di tutta questa immane organizzazione era quello di far diventare italiana una vettura da immettere nei paese del MEC, dai quali l’Inghilterra era ancora esclusa. Per la Rootes venne anche creato e prodotto il modello esclusivo “Venezia”, su telaio Sunbeam. Molti nomi strani ed inconsueti contraddistinsero nel tempo i modelli più prestigiosi della Touring: Soffio di Satana, Fugientem Incurro Diem, Flying Star, Velocissima Curro, Praho, Thrill, Tibidabo, Venezia, Italia. Questi nomi avrebbero portato per le strade del mondo il messaggio della genialità italiana. L’ultimo nome Flying Star II, con cui venne battezzato un modello straordinario realizzato per la Lamborghini 400 GTV nell’ottobre 1966, chiude purtroppo tristemente il periodo delle “immortali Touring Superleggera”, che si era radiosamente aperto con il Flying Star su telaio Isotta Fraschini. La Touring terminò la sua attività il 31/12/1966, a quarant’anni dalla sua nascita. Ora, quasi in premio di quanto realizzato in questi anni, è ricordata ed onorata da tutti quegli intenditori di auto d’epoca che, con la loro passione, si riuniscono attorno alle automobili più belle e che nella Touring trovano una ulteriore affermazione di un altro motto: ” la Touring gode di una fama che l’uso conferma ed il tempo consolida”. Il Registro Internazionale Touring Superleggera è stato fondato a Genova, in occasione del salone Autostory 1995, appositamente per riunire questi intenditori.